BIO: LA STANGATA ANTITRUST – STIMA E SOSTEGNO A “STAFFETTA”

La notizia che tiene banco è quella della “stangata” Antitrust alle maggiori aziende petrolifere, ma dei contenuti reali dell’indagine svolta dall’Authority quel che resterà nella pubblica opinione – oltre alla soddisfazione per spirito di revenge alle malefatte dei petrolieri – sono i titoli come “Alzavano i prezzi ai distributori di benzina” e simili, insomma l’ennesimo complotto, l’ultima ruberia ai danni del consumatore, non importa se autentica, supposta o di che entità. Di carburanti si parla troppo e si capisce poco: per questo nessuno tocchi STAFFETTA, che da sempre cerca di spiegare come funziona questo mondo, facendo informazione e non sensazionalismo. Ma non saremo certo noi a difendere le aziende petrolifere.

L’ACCUSA

Antitrust avvia nel 2023 un’indagine, su segnalazione anonima, accertando in via desuntiva (poiché, scrive l’Authority «la concertazione tra imprese può essere desunta in via indiziaria da una serie di elementi oggettivi») l’esistenza di un cartello tra imprese, ossia «un’intesa avente a oggetto la componente di costo derivante dagli obblighi di miscelazione del biocarburante nel carburante per autotrazione, che verrebbe ribaltata nella stessa entità a tutti gli operatori di mercato indipendentemente dal costo effettivamente sostenuto da ciascuna compagnia petrolifera. Secondo il segnalante la pratica si sarebbe verificata costantemente negli ultimi anni e si sarebbe realizzata attraverso un sistema di annunci pubblici delle compagnie petrolifere avvenuti sul giornaleLa Staffetta Quotidiana”, iniziati da ENI nel gennaio 2020».

In sintesi, le major petrolifere avrebbero determinato un valore unico della componente di prezzo del biocarburante (che, si ricorda, è un costo non compreso nella c.d. quotazione Platt’s del raffinato) invece di gestirsela ognuno secondo i propri effettivi costi (che differiscono a seconda di come viene assolto l’obbligo – a costo crescente nel tempo sia per i costi reali del prodotto bio, che per i vincoli dati dalle norme comunitarie – della bio miscelazione da ciascun operatore). Tale “quotazione di cartello, naturalmente, ha avuto un riflesso sul prezzo di cessione ai clienti rivenditori (sia in rete che in extra rete) e infine sul prezzo finale alla pompa.

E si tratta di una voce di prezzo diventata importante, in quanto, come rileva anche Antitrust, la componente bio (un costo di sostenibilità ambientale, dal momento che vogliamo e dobbiamo avere un prodotto progressivamente meno “fossile” e meno impattante) è aumentata di 10 volte dal 2007 in quota percentuale da additivare e che oggi «All’interno del margine lordo si colloca, quindi, la componente derivante dagli obblighi di miscelazione del biocarburante – componente bio – che rappresenta, considerati gli attuali livelli emersi dall’analisi dei dati disponibili, circa il 29% del margine lordo».

COLPEVOLIZZAZIONE SOFT DI “STAFFETTA

Scrive l’Authority, titolando un paragrafo dedicato «Il meccanismo di stabilizzazione del cartello: gli annunci su Staffetta Quotidiana» che «Nel periodo compreso tra gennaio 2020 e l’inizio del 2023, Staffetta Quotidiana ha pubblicato 16 articoli che danno conto di aumenti sulla componente bio da parte di ENI e delle altre Parti del procedimento. Di questi, ben 14 sono contestuali o precedenti alla data di decorrenza degli aumenti.» e, ancora, «Le Parti inoltre hanno tollerato, senza mai utilmente opporsi, che Staffetta Quotidiana pubblicasse i loro valori della componente bio, garantendo così la pubblicità sull’adesione al disegno collusivo e favorendo la stabilità del cartello che non si sarebbe altrimenti potuto attuare in modo così efficace».

Ci permettiamo, sul tema, poche osservazioni. Impropria appare quella sorta di implicita colpevolizzazione – e sbattuta in piena evidenza – di chi merita, per contro, il più alto apprezzamento per la funzione che da sempre esercita: informare, anche nei dettagli, su un mercato che sarà anche ben noto a chi lo frequenta, ma assai poco al resto della pubblica opinione.

Cercare di avere e dare informazioni su una componente progressivamente crescente del prezzo non può essere qualificata – neppure di striscio – di complicità, consapevole o inconsapevole, di un disegno di cartello, del quale sono eventualmente responsabili solo le aziende che l’hanno promosso. Peraltro ci pare un teorema veramente debole: viste le molteplici relazioni commerciali intercorrenti a vario titolo tra le aziende, non regge che si dovesse scommettere su STAFFETTA per la “stabilizzazione del cartello.

Perciò manifestiamo a STAFFETTA ed al suo staff tutto il nostro caloroso sostegno: se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. E vi sono buone ragioni: di carburanti la stampa si occupa per parlare solo di prezzi o tasse, persino le istituzioni a lungo si sono occupate che il consumatore non ci capisse nulla se non il risultato finale del prezzo alla pompa (Provvedimento Antitrust 16370 del 18 gennaio 2007 docet: «le informazioni di dettaglio relative ai differenziali pubblicate sulla Staffetta… lasciano presumere che i destinatari delle informazioni siano i concorrenti piuttosto che i consumatori, e che la loro diffusione serva per effettuare un controllo reciproco sul comportamento di prezzo.»). Con tutte le ricadute mediatiche che si possono osservare tutti i giorni (vicenda del “cartello del prezzo mediodocet) e quelle che vedremo ancora.

LA SANZIONE

Secondo le “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/1990” la sanzione si applica sul fatturato derivante dalla quota parte relativa all’applicazione della componente bio a tutte le vendite di carburante per autotrazione, più altri parametri correlati alla gravità, alla durata, ecc., della violazione.

Alla fine, il conto è di 936,660 milioni di euro, di cui il 35,9 % a carico di ENI, quale soggetto che viene individuato come capocordata dell’operazione di cartello.

LE CONSEGUENZE SUI PREZZI

La “quotazione bio di cartello”, come detto più sopra, ha avuto un riflesso sul prezzo di cessione ai clienti rivenditori (sia in rete che in extrarete) e infine sul prezzo finale alla pompa. Secondo Antitrust, la determinazione di un valore “unico” della componente bio, ha impedito che tale valore fosse oggetto di una regolare concorrenza, che normalmente sarebbe derivata se ogni operatore avesse calcolato un “proprio” valore, in base alla specifica propria modalità di assolvere l’obbligo di bio miscelazione ed al relativo costo, e ad una sua specifica fissazione dentro il prezzo di cessione e il prezzo finale dopo i passaggi di filiera.

In questo modo sostiene l’Authority si sono realizzate delle marginalità (ossia guadagni) che hanno premiato in modi ed entità diverse le aziende che, pur avendo costi diversi, hanno valorizzato il bio in maniera uniforme, e, questa è l’imputazione, «hanno coordinato il proprio comportamento sul mercato in modo da incrementarne il valore» e «l’applicazione della componente di costo relativa al bio non si è realizzata solo attraverso un mero ribaltamento a valle dei costi per l’assolvimento dell’onere bio, ma ha consentito alle imprese di realizzare discreti margini su tale singola parte del prezzo».

Una condotta che avrebbe penalizzato i rivenditori, e naturalmente, a caduta, i prezzi finali.

Se non vi fosse stata una pratica collusiva, sostiene l’Authority, le aziende avrebbero potuto praticare «la differenziazione dei prezzi della componente bio» e – molto in astratto – «esercitare concorrenza effettiva sul mercato rinunciando a una parte del mark-up sui prezzi della componente bio a favore di un aumento della quota di mercato».

Tuttavia, Antitrust precisa che «non si vuole disconoscere l’esistenza di aumenti nei costi del biocarburante» e, anche, che «la realizzazione dei margini, di per sé non può ovviamente essere imputata alle imprese».

Ossia, dopo avere sollevato i peggiori dubbi sull’intera componente di costo del bio, l’Authority si premura di osservare che forse non tutto di tale componente è farlocco (aumenti dei costi sarebbero anche plausibili) e che forse – precisazione invero strana in un’economia di libero mercato – non è causa di imputazione che si realizzino margini su questa specifica voce di costo, e che, in sostanza, il vero “reato” è la violazione delle regole di concorrenza mediante la realizzazione del cartello.

Nell’estesa relazione al provvedimento (189 pagine, 500 punti!) vi è un solo esempio (punto 70, tavola n. 4, pag. 26) in cui l’istruttoria effettua una simulazione, solo per l’anno 2020, della entità della “cresta”, ossia del margine realizzato sul bio rispetto agli “ipotetici” costi reali del bio.

Elaborando autonomamente quella tabella in base ai suoi dati, FIGISC stima che vi sia stata allora una marginazione eccedente i costi ipotizzati da Antitrust nell’ordine medio del 22,7 % nell’extra rete e del 18,4 % nella rete, con valori anche sensibilmente diversi tra le aziende.

Cosa implica? Se tale trasferimento sui prezzi in eccedenza rispetto ai costi reali del bio (ossia margine o mark up o “cresta” che dir si voglia) fosse stata praticata

  • nella medesima misura (ma lo stesso Antitrust sostiene che vi sono stati casi di “margini negativi”), ossia che su tutti gli aumenti di costo reale fosse stata applicata la stessa “cresta, per l’intero periodo “incriminato” (2020-2023)
  • e per tutti i quantitativi di prodotto venduti nello stesso periodo sia in rete che in extra rete (e non è così tra le pieghe della relazione e non è così nella realtà), ossia quasi 88 miliardi di litri in rete e più di 67 in extra rete,

si sarebbero realizzate marginalità (con effetto sui prezzi finali) “improprie” per oltre 275 milioni di euro, ossia per una media di 0,002 €/lt all’anno (275 milioni di litri diviso 155 miliardi di litri). Naturalmente, chi più chi meno, vista la diversa natura dei costi delle aziende. È solo una stima, si ribadisce, che parte da una ricostruzione “aumento effettuato contro aumento ipotetico in base ai costi” inserita da Antitrust nella propria relazione.

E questo è, il vero effetto sui prezzi finali, oggetto ora di titoli allarmati e poco propensi a distinguere il grano dalla zizzania, di interrogazioni e quant’altro seguirà.

In relazione agli aspetti di diritto e delle regole di concorrenza e mercato, la questione grave è il cartello per “sostenere” il valore del bio nelle relazioni commerciali di filiera e sul prezzo finale.

Due cose abbastanza diverse, di cui, siamo certi, a pochi interessa la differenza e l’analisi, merce per nulla vendibile alla macchina mediatica dei nostri giorni.

Le aziende petrolifere, dal canto loro, non hanno bisogno (né, assai spesso, meritano) di essere difese da altri e specie da noi in particolare: coi loro mezzi legali tenteranno di rispondere a questa stangata che esubera di molto, economicamente parlando, le “utilità” eventualmente realizzate.

Ma, “attaccando la spina” per un minimo di riflessione: al di là della faccenda bio, e in via analogica con le deduzioni dell’Antitrust, non è forse vero che qualunque componente del c.d. margine lordo (prezzo finale meno imposte meno quotazione Platt’s) potrebbe essere fatto oggetto di giudizio sui margini che si realizzano sui costi effettivamente sostenuti? E ciò vale per qualsiasi altra casistica: il fruttivendolo, in un libero mercato economico e dei prezzi, può limitarsi a “ribaltare il costo” dell’affitto dei locali sul prezzo finale del cetriolo senza trarne una remunerazione, ossia un margine eccedente il puro costo?

Se per trarre il suo margine fa “cartello” con altri, ciò non è legittimo, se non fa cartello è legittimo, sarebbe la risposta più semplice, eppure in qualche passaggio della relazione Antitrust qualcosa si confonde in alcuni passaggi tra queste due fattispecie, e sembra di intuire che assieme al “cartello” si voglia colpevolizzare anche l’aver marginato su un costo.

A tutti, figuriamoci, farà piacere che si stigmatizzi e si metta alla gogna l’avidità, ma dobbiamo pur ricordarci anche che siamo sempre – a meno che non sia cambiato qualcosa – in un regime di libera economia…

 

L’articolo BIO: LA STANGATA ANTITRUST – STIMA E SOSTEGNO A “STAFFETTA” proviene da FIGISC – Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti.

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