(ANSA) – ROMA, 03 LUG – BRUNO BEARZI è stato rieletto all’unanimità, dall’assemblea della federazione riunita a Roma, presidente di FIGISC-CONFCOMMERCIO (gestori impianti di carburanti) per il quadriennio 2023-2027. Bearzi, che è anche componente del Consiglio nazionale di Confcommercio, ha dichiarato: “sono estremamente felice e onorato di questa riconferma al vertice della nostra organizzazione. Un incarico che richiede grande impegno, responsabilità e dedizione per rappresentare al meglio le istanze di una categoria che, in un contesto difficile, sta vivendo un periodo economico e occupazionale particolarmente complesso“. L’assemblea di FIGISC-CONFCOMMERCIO ha anche eletto il nuovo Consiglio della federazione per i prossimi quattro anni. (ANSA).
LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE ELETTIVA DEL 03.07.2023
Cari Colleghi,
da quando – era il 17 dicembre 2018 – sono stato indicato dall’assemblea della Federazione per ricoprire il ruolo di Presidente Nazionale, nonostante siano ormai trascorsi quattro anni e mezzo, il tempo è passato in fretta ed in mezzo a veloci e grandi cambiamenti e difficoltà, con il personale assillo, da quel momento ad oggi, della responsabilità di dover rispondere alle aspettative e con il personale dubbio sulle proprie capacità di saper svolgere il ruolo.
Il principio cardine del mio operare, sin da subito, fu di mettere in primo piano il gestore – forse ricorderete il motto “PRIMA IL GESTORE” -, che significava che la tutela dei nostri associati viene ancor “prima” di quella dell’Associazione (sembra ovvio, ma non è così scontato), principio che rimane sempre deontologicamente la mia personale “stella polare”.
Tra gli obbiettivi iniziali che mi ero posto, uno era di tornare nel territorio, per conoscere le singole realtà e criticità, ma soprattutto per fare sentire la presenza e la vicinanza della dirigenza nazionale alla nostra gente, che in molti casi, non sapeva neppure chi fossero i propri referenti nazionali.
E di fatto, coadiuvato in maniera insostituibile dalla Segreteria Nazionale, ho fatto visita a molte realtà provinciali, quelle più strutturate, con una dirigenza locale molto attiva, cercando di spiegare percorsi ed obbiettivi politico-sindacali della Federazione accolto ovunque con grande entusiasmo e calore.
Il percorso è stato bloccato dalla pandemia – di cui farò in seguito un accenno – ma appena è stato possibile abbiamo ripreso le assemblee e gli incontri in molte regioni italiane, la più recente in Calabria per premiare il nostro storico Vice presidente Antonino Pedà.
“Cambiamenti e difficoltà” dicevo poco fa, ed in effetti riscontro che durante il mandato, sono accadute molte cose insieme, in un classico effetto da “tempesta perfetta”.
Dopo poco più di un anno dall’assunzione della presidenza, giusto il tempo, come si dice, di “prendere le misure”, è intervenuta la criticità più grave: la pandemia di COVID-19, che si è abbattuta sulle persone – e tanti lutti ha portato anche in molte delle nostre famiglie -, sulle imprese, sull’economia e financo sul modo di pensare e di vivere di gran parte della gente, su cui questa “ferita” non è ancora guarita del tutto, soprattutto per l’ultima generazione.
Sono stati giorni durissimi, in cui però abbiamo dovuto trovare la forza di reagire con positività, con azioni pressanti – grazie anche al fondamentale apporto di Luca – nei confronti del Governo, delle Regioni, per almeno alleviare le pesanti ricadute sulle vendite e quindi sulla liquidità di esercizio, arrivando – anche in maniera, lasciatemi dire, rocambolesca, a veder riconosciuti dei “ristori” che, in termini relativi, nessun’altra categoria economica ha ricevuto e che hanno permesso a tantissime gestioni di traghettarsi con meno angoscia verso il superamento della crisi ed attivando accordi di emergenza con le principali compagnie e con molti retisti, finalizzati a ridurre e/o posticipare canoni passivi ed a ottenere forme di contributo a parziale sostegno dei conti economici.
Successivamente, attenuate le più drastiche misure sanitarie di restrizione, si è continuato il paziente e faticoso lavoro con le Compagnie per siglare gli accordi economici in gran parte scaduti: vorrei ricordare in modo particolare quelli con Eni, IP, EG, e Q8, non solo legati al contratto di comodato abbinato alla fornitura, ma anche il contratto di commissione per la viabilità ordinaria, già siglato con Q8, l’istituzione degli organismi bilaterali – già attivi per Eni EG e Q8 – e, da ultimo, quello con IP in questi giorni, che ha riconfermato la scelta per questa compagnia del “margine unico”, con positivi incrementi anche dei valori economici inclusi.
Ricordiamoci, peraltro, come tutto ciò si inserisce in una cornice incerta e meno che proattiva per le sorti del settore: la rincorsa agli obiettivi comunitari green e della transizione energetica – su cui molto ci sarebbe da dire sul prevalere di una spinta fortemente ideologica che non tiene in debito conto né la gradualità, né la neutralità sulle fonti energetiche alternative, né gli effetti devastanti sulla tenuta di interi settori economici, dell’occupazione, delle famiglie e delle persone – ha di fatto eclissato tutto il comparto petrolifero, dalla raffinazione alla distribuzione, ormai considerato ciarpame, e non più degno, anzi indegno, dell’attenzione del “politicamente corretto”.
La ripresa dalla crisi pandemica è stata distorta a livello mondiale da una rincorsa all’approvvigionamento di materie prime energetiche e non (mentre in Europa si pensava a dismettere i fossili, i cinesi pensavano a produrre), con una crescita progressiva dei prezzi sin dalla metà del 2021, situazione su cui si è innescata la crisi geopolitica dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha indotto preoccupazioni negative sul rapporto domanda/offerta ed attivato spiragli finanziari speculativi su gas e petrolio, e quindi, a caduta, sull’energia elettrica e sui prodotti per il riscaldamento, aggravando in tal modo i conti economici di famiglie ed imprese ed alimentando una spirale inflazionistica “cattiva” (quella cioè che non è indotta dalla crescita del PIL).
Sulla crisi dei prezzi, oltre agli interventi messi in campo dai governi per alleviare il peso delle bollette, anche in questo caso ci siamo mossi nei confronti delle aziende per fare in modo che venissero riconosciuti ai Gestori dei contributi “una tantum”, relativamente ai costi energetici.
Queste due vicende a) hanno generato emergenze, ossia situazioni in cui non poteva esserci spazio per gestire i problemi strutturali consolidati del settore; b) le emergenze sono durate, tra l’una e l’altra, ben tre anni, dal febbraio 2020 fino ai primi mesi del 2023.
Cito solo qualche scarno numero: in questi tre anni l’inflazione cumulata è pari al 15 % circa ed il costo del denaro (i tassi) è triplicato; per venire al nostro settore, le vendite sommate di benzina, gasolio e gpl, non hanno ancora raggiunto, sia pur di pochissimo (-1,1 %), la parità con i volumi del 2019, anno pre-pandemia.
Elementi tutti – in particolare i primi due – che caratterizzano l’incertezza attorno alla situazione economica generale e che, per inciso, dovrebbero essere presenti all’interno delle contrattazioni sugli accordi economici con le aziende, al di là di aumenti nominali del margine: se è vero che da noi non esiste la vecchia “scala mobile” di una volta, è altrettanto vero che, dal momento che il gestore non può avere autonomia sui prezzi di acquisto e rivendita, i fattori economici macro sono fondamentali per una sostenibilità economica o il default.
Per venire a fatti più recenti, mi permetto di riepilogare le vicende di questo anno.
Dopo la tempesta energetica – che aveva indotto anche il governo italiano (come altri in Europa, sia pure con minore incisività o durata) a ridurre le accise -, con il progressivo ripristino dal gennaio 2023, si è ingenerata, oltretutto su false basi, tutta la vicenda politica e mediatica dei prezzi (situazione oggi del tutto superata dai fatti): additati come speculatrice responsabile dell’aumento, la categoria ha dovuto difendersi con lo sciopero, incassando anche il sostegno formale di tutta la filiera, e generando una sovraesposizione mediatica, mai dedicata ai benzinai.
Non mi dilungo a ripercorrere tutta la vicenda del decreto-legge sul cartello del prezzo medio, né tutti gli incontri, del resto infruttuosi con il governo, incatenato ad una visione effettistica e repressiva, ancorché inutile, anche contro il giudizio dell’Antitrust.
Non mi dilungo neppure sul fatto che, al di là dello scontro iniziale col governo, la categoria e FIGISC in prima aveva dimostrato flessibilità e pragmatismo, con una proposta che, pur mantenendo tutti i principi di trasparenza richiesti dal governo, intendeva sgravare i gestori da ulteriori adempimenti e relative sanzioni con una soluzione tecnologica come il QRCode.
Il decreto attuativo è stato approvato ed il cartello del prezzo medio va in vigore dal 1° agosto, dimostrando pertanto la propria inutilità, in una fase in cui sono venute meno da tempo le condizioni mediatiche dell’inizio dell’anno
L’unica cosa positiva (ma vien da chiedersi come mai non si è fatto prima) sembra quella dell’unificazione dei database Ministeriali, che non erano sincronizzati; da settembre, infatti, sulla base di quello di ADM e dei relativi codici assegnati agli impianti, sarà possibile il confronto tra database dell’Anagrafe carburanti e con quello dell’Osservatorio Prezzi, e saranno così evidenziate le eventuali anomalie, che consentiranno controlli “mirati” da parte della GDF. Anche questa, una nostra proposta, nata sull’onda della nota polemica: “Perché venite a rompere le scatole a tappeto, invece di cercare i sommersi che non comunicano neanche il prezzo?”.
Comunque sia, FIGISC e FEGICA hanno deciso – con sacrificio economico non da poco e con tutta l’alea attorno alle possibili decisioni dei giudicanti – di adire alla Giustizia amministrativa contro il decreto del MIMIT, ossia con un ricorso al TAR del Lazio e la richiesta di sospensiva del provvedimento.
Tutta questa situazione maturata con il confronto/scontro col governo, ha offerto, tuttavia, anche la possibilità di riaprire tavoli generali e tematici sulla situazione del settore: dall’illegalità fiscale e commerciale fino al ruolo della rete distributiva nella transizione energetica, dalla ristrutturazione agli strumenti contrattuali tra aziende e gestori.
Finora, tuttavia, sono più parole ed annunci che fatti reali, ancorché il governo, per bocca del Ministro Urso, sostenga di voler portare al tavolo proposte di legge concrete e tavoli specializzati ad esempio sul segmento autostradale (che, detto per inciso, perde ancora sul 2019 ben il 25 % delle vendite).
Per dire la verità, il Ministro Urso ha detto in questi giorni, per sintetizzarla, che il “tavolo” è stato promesso “in cambio” del cartello prezzi.
Senza polemica, vorrei replicare che noi non abbiamo fatto alcuno “scambio”, ma semmai che esso ci è stato unilateralmente imposto: subito il cartello, poi forse il tavolo…per certo noi abbiamo colto l’occasione, al tempo dello sciopero, per sostenere che serviva parlare di cose serie, non di fake.
E, a proposito di cose serie, al tavolo bisogna evitare di fare “liturgia del tavolo”, cioé riparlare di tutto come mai se ne fosse parlato e ripartire da zero per arrivare a zero.
In tema di ristrutturazione, ad esempio, la questione non può essere riproposta nei termini delle storiche “incompatibilità” (sostanzialmente ancora quelle del 2001 del Ministro Marzano), perché le questioni sono di ben altra portata. Oggi si tratta di decidere se la rete distributiva, sia pure pletorica, inefficiente e persino strutturalmente obsoleta, polverizzata, infiltrata dall’illegalità, abbia ancora una chance di poter continuare, con i dovuti correttivi, ad avere una funzione per il tempo presente e per quello futuro anche rispetto ai processi della transizione verde, oppure debba essere lasciata andare, per dissoluzione lenta e spontanea, in perenzione, accettando di mandare al macero nei prossimi dieci-quindici anni asset ed investimenti, facendone una mera questione di bonifiche su scala complessiva dei siti dismessi.
Si tratta di decidere se continuare nel laissez faire del mercato spicciolo, nel caso si lasci al suo destino la rete, ovvero, nel caso di salvaguardarne un ruolo attivo e progressivo, ragionare se – sapendo di aver bisogno di investimenti ed investitori per adeguarla alla famosa transizione – sia necessaria una “pulizia” del comparto con un rafforzamento qualitativo dei requisiti di chi vi opera, nell’ottica di perseguire legalità ed ottenere capacità di innovare.
Infine, in tema di relazioni economico-contrattuali tra i proprietari/fornitori della rete ed i gestori dei singoli impianti si tratta di cogliere come centrale il fatto che non è bastata la “libera e spontanea contrattazione tra le parti” della legge 27/ 2012 per superare l’abuso “ordinario e legale” di dipendenza economica che contraddistingue il quadro di queste relazioni.
Perché nel comparto esiste una anomalia che evidenzia a tutto tondo l’abuso di dipendenza economica: mentre nella parte “alta” della distribuzione la differenza tra indipendenti e marchi integrati sta nel fatto per i primi la determinazione del prezzo finale è in disponibilità autonoma dell’operatore a valle del rapporto col fornitore che pure impone loro un prezzo di cessione, mentre i marchi integrati, svolgendo la doppia funzione di fornitori ed acquirenti determinano in entrambe le due parti della filiera, a monte ed a valle, il prezzo di cessione e quello di vendita.
Invece, nella parte “bassa” della distribuzione, il “benzinaio” è un soggetto che ha una sua specifica gestione economica (è un’impresa, almeno di nome o come finzione giuridica) senza alcuna autonomia di gestione del prezzo d’acquisto e di quello di vendita, ed il cui margine è sostanzialmente condizionato dal delta di prezzo imposto tra le modalità di servizio, dalla quota di vendite nella modalità a prezzo più alto (e quindi largamente minoritarie sul totale) e da una pressione concorrenziale che non è in grado di controllare e gestire se non in via indiretta a seconda dell’arbitrio del fornitore e proprietario dell’impianto.
Tutto è stato “liberalizzato” in questo settore, fuorché queste relazioni.
I tavoli hanno senso se affrontano questioni concrete e producono soluzioni, non servono inutili liturgie e fumi inconsistenti d’incenso.
Mi appresto a concludere un mandato che è stato tutto fuorché facile, scontato o di “ordinaria manutenzione”, anche in considerazione che la mia residenza non è proprio vicinissima a Roma, laddove si concentrano tutte le relazioni ed i contatti politico/sindacali. In questi anni, pur venendo dalla gavetta e dalla periferia, ho avuto la possibilità di “crescere”, almeno sotto il profilo delle relazioni create con le aziende del settore, con ambienti della politica e con il mondo confederale. Non spetta certo a me dire se i risultati siano stati soddisfacenti per poco o nulla, ma sono almeno certo in cuor mio di essermi impegnato al massimo per cercare di ottenerli.
Recentemente ho avuto l’onore di essere chiamato da parte del Presidente Carlo Sangalli a far parte del Consiglio nazionale della Confcommercio, ovviamente in rappresentanza della nostra Federazione: non è una medaglia che mi appendo, bensì una possibilità maggiore di contare come categoria all’interno della Casa Madre.
Nel concludere, desidero esprimere un ringraziamento non formale, ma di vero cuore a tutti Voi per il sostegno materiale e morale che mi avete dato in questi anni. Un ringraziamento particolare va a Luca Squeri, che ha accompagnato il mio lavoro e la mia crescita con la sua autorevolezza ed esperienza, nonché agli amici della Segreteria nazionale, Paolo Uniti, Gianfranco Di Bellonia ed Antonio Barioni.
Infine, il giorno 22 il Consiglio nazionale FIGISC mi ha unanimemente espresso la richiesta di rappresentare la nostra Federazione per un ulteriore mandato. Capisco che i Consiglieri han fatto di necessità virtù, anche perché nella scuderia non ci sono tanti cavalli che scalpitano per saltare l’ostacolo. Accetto la richiesta di porre la mia candidatura con spirito di servizio: nel caso l’assemblea decidesse di confermarmi la fiducia, accetto il rinnovo, cercando di creare le condizioni perché si possa pensare ad un rinnovamento futuro, accetto, ancora, a patto di potere contare su tutta la squadra che mi ha supportato (e qualche volta sopportato) nel mandato appena trascorso.
A tutti Voi va il mio apprezzamento autentico per il lavoro che fate sul territorio e che mi auguro continuerete a fare.
Per quanto mi riguarda, continuerò a servire FIGISC, con lo stesso entusiasmo ed impegno che mi accompagna da quasi quarant’anni di rappresentanza di questa invero bistrattata categoria.
BRUNO BEARZI
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