Il 16 gennaio 2023, sull’onda della grande tempesta sui prezzi seguita al ripristino delle accise piene, l’AGCM, con schieramento della GdF sul campo, avviò cinque provvedimenti (PS da 12491 a 12495) presso le compagnie petrolifere a seguito di accertamento di mancata esposizione prezzi ovvero comunicazione, ovvero ancora difformità tra prezzo esposto e praticato, in 376 casi per impianti ENI, 40 ESSO, 383 IP, Kupit 175 e Tamoil 48 (in tutto 1.022) pressi i punti vendita dei marchi predetti.
Procedimenti avviati per “omessa diligenza” delle compagnie stesse nell’attività di “prevenire e contrastare condotte illecite a danno dei consumatori”, per verificare l’esistenza nei rapporti contrattuali tra azienda e gestore di clausole che comportino per la compagnia (si noti!) un qualche tipo di controllo sui prezzi.
Orbene, il percorso di quei provvedimenti è arrivato alla fine, sostanziandosi come di consueto [qualcuno si ricorda come andò a finire con i provvedimenti Antitrust del 2007 sul supposto “cartello” (in senso anticoncorrenziale) dei prezzi? Che si avviò la stagione del self scontatissimo e che i prezzi diventarono uno per ogni impianto, o quasi] in una serie di impegni dei cinque marchi, aventi in sostanza l’assunzione di una intensificazione e verifica dei controlli (e anche la “formazione” obbligatoria) e di clausole sanzionatorie, tra cui la risoluzione del contratto.
Come noto, il gestore è in prima persona (né vi sono altre persone a portare questa croce) ritenuto responsabile e sanzionato – da ormai più di dieci anni – per omessa comunicazione ed esposizione dei prezzi praticati o per eventuali differenze tra prezzi esposti e comunicati e prezzi praticati. Le sanzioni sono notevoli e tali da cancellare il margine lordo per migliaia di litri in caso di violazione.
A ciò si aggiunga ora la arcinota vicenda dell’esposizione del cartello del “prezzo medio”, che risulta un moltiplicatore di obblighi e di rischi sanzionatori.
Apriamo una parentesi: è opportuno riferire una curiosità sugli obblighi derivanti dall’esposizione del “prezzo medio” (e sulle conseguenti sanzioni in caso di mancata ottemperanza): per questo aspetto ci dovremo riferire alla disposizione sui “prezzi medi regionali”. Negli ultimi otto anni (ossia in un periodo che va dal 28.07.2015 al 27.07.2023) su 2.922 giornate di osservazione, in media tra le regioni, il “prezzo medio regionale” della benzina self è variato in 2.145 giornate (mentre solo in 777 è rimasto invariato), ossia nel 73,42 % delle giornate (ogni 3 per 4!), quello del gasolio self, sullo stesso numero di giornate, è variato in 2.173 giornate (solo in 749 è rimasto invariato), ossia nel 74,37 % dei casi (anche in questo caso ogni 3 per 4!). Ma siccome ogni santo giorno bastano poche variazioni di prezzo (specie nelle regioni con un limitato numero di impianti) per influire sul prezzo, anche solo sull’ultimo decimale, la fabbrica del “prezzo medio” per il gestore è sempre in funzione!
A seguito degli impegni presentati all’Antitrust e dall’Antitrust benedetti e consacrati, da ora – per non farci mancar nulla – agli Organi Ufficiali deputati al controllo sulla corretta applicazione della norma sulla pubblicità e corrispondenza dei prezzi “reali” (e di quelli che costituiscono una mera “astrazione” statistica, come il “prezzo medio”), nonché ai regimi sanzionatori previsti dalla norma medesima, si affiancano pure le aziende petrolifere, con tutto il tintinnante apparato di clausole contrattuali, contestazioni, diffide, sanzioni e persino risoluzione contrattuale e calcio nel sedere, se del caso.
Una ulteriore esasperazione del rischio, sapendo peraltro che nella stragrandissima maggioranza dei casi le violazioni sono di obblighi formali e bizantini o di dimenticanza e che le vere condotte colpevoli (mentire sul prezzo esposto rispetto a quello praticato) sono marginalissime. Si dirà che questo non ha importanza, perché in un cesto molto grande non sai mai dove troverai la mela marcia, tuttavia….
Come non sembra affatto noto (o si fa finta di ignorarlo), tuttavia, il gestore è di fatto in stato di sudditanza e dipendenza economica da abuso, in quanto il prezzo di acquisto e di vendita gli è imposto dal fornitore in esclusiva. La possibilità di determinare il prezzo è per il gestore confinata in quel limitatissimo segmento, misurabile in millesimi/litro, entro cui può diciamo sforare il prezzo imposto: qualora il gestore decidesse di allungare quel segmento si troverebbe esposto alle stesse note misure in mano al fornitore, ossia, come sopra, clausole contrattuali, contestazioni, diffide, sanzioni e persino risoluzione contrattuale e calcio nel sedere, se del caso.
Certo che ci sono nei contratti clausole sul controllo del prezzo delle compagnie sul gestore (cosa di cui Antitrust voleva accertarsi): sono quelle commerciali e già definiscono la particolare anomalia che distingue questo comparto da ogni altra attività commerciale.
Adesso se ne sono aggiunte altre proprio, se si può dire, su “suggerimento” proprio di Antitrust che invece sulle altre clausole, commerciali e vitali nel definire un rapporto di dipendenza economica integrale, nulla ha da eccepire.
L’articolo SUI PREZZI, AI CONTROLLORI DELLO STATO SI AGGIUNGONO LE COMPAGNIE proviene da FIGISC – Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti.